Haiu ragiuni ...e ma mangiu squarata.
Ho ragione...e me la mangio lessata
Havi 'n carammu.
Ha una flemma.
Havi l'occhi a pampinedda.
Ha gli occhi a pampina.
Havi na facci ca cci ponu addumari pospira di cira.
Ha una faccia che gli si può accendere un fiammifero di cera.
I maccaruni incunu a panza.
I maccheroni riempiono la pancia.
Irasinni 'nsuppilu 'nsuppilu.
Andarsene a poco a poco.
I tri 'da vaniddazza, chiummu, ferru e cacazza.
I tre del vicolo, piombo, ferro e "cacazza" (scarto, scoria).
Iu ma cantu e iu ma sonu.
Io me la canto e io me la suono.
Iu tagghiu cipuddi e a iddu c'abbambunu l'occhi.
Io taglio cipolle e a lui gli bruciano gli occhi.
Leviti i manu ddo caliaturi.
Togliti le mani dal padellotto.
Luvamici 'u spassu.
Togliamoci il divertimento.
Macari i pulici hannu a tussi.
Anche le pulci hanno la tosse.
M'addubbai...
mi sono igozzato di cibo
Ma chi stai, 'nto bummulu?
Ma dove vivi, nella brocca ?
Manciare a bizzeffi.
Mangiare a sazietà.
Manciarisi 'u pani ddo cozzu.
Mangiarsi il pane dall'orliccio.
'Mmaliritta 'a naca ca t'annacau.
Maledetta la culla che ti cullò.
Menu mali ca erunu ficu, su erunu pigna, mi rumpevi a tigna.
Meno male che erano fichi, se fossero state pigne, mi rompevi la testa.
Megghiu picca chianciri c'assai triuliari.
Meglio piagere poco che piagnucolare assai.
Mi camulia 'u ciriveddu.
Mi rode il cervello.
Mi dissi tò patrozzu, quattru 'ta 'nto cozzu.
Mi ha detto tuo padrino, quattro dita sul collo.
Mi facìssi ‘u giùmmu comu ‘i tùrchi!
Farsi il pennacchio come quello sul cappello dei Turchi.
Si usa questo modo di dire per indicare che non si è
riusciti a capire qualcosa, ovvero di essere rimasti perplessi e di non essere riusciti a capire il perché di certi fatti.
Mi ivu 'nto cannarozzu fausu.
Mi è andato nella gola falsa (nella trachea invece che nell'esofago).
Mi sbiddiano l'occhi.
Mi brillano gli occhi.
Termine usato per indicare uno
stato di felicità.
Mi sentu pigghiatu di li turchi.
Mi sento come se fossi stato preso dai turchi.
Si dice quando non si capisce quel che sta succedendo.
Mori Sansuni ccu tutti i Filisdei.
Muoia Sansone con tutti i Filistei.
Munnu a statu e munnu è.
Il mondo così è stato e così sarà.
'Ncarammari...
Impigliarsi...
'Ncuttu...
Nenti c'è ppà iatta.
Non c'è niente per la gatta.
Nesciri di quinta.
Uscire di quinta.
Nesciri puddicini a lu suli.
Uscire pulcini al sole.
Ni mancavanu scecchi 'a fera.
Ne mancavano asini alla fiera.
Niuru cu niuru , non tinci.
Nero con nero non tinge.
Non ci fici diri mancu pìu.
Non gli ha fatto dire neanche pìu.
Non havi mancu sali di salera.
Non ha neanche sale di saliera.
Non sempri arriri a mugghieri ddo latru.
Non sempre ride la moglie del ladro.
'Nto muru vasciu s'appoggiunu tutti.
Nel muro basso si appoggiano tutti.
Nu scuncicari u cani ca dormi.
Non stuzzicare il cane che dorme.
Nu nni mangia mancu a broru.
Non ne mangia neanche in brodo.
Vallo a raccontare a Tofulo.
Si racconta che ad Arezzo viveva un bel giovane con la sua bella moglie di cui era molto geloso. La moglie, però, mal sopportando la sua gelosia, e per poter uscire la sera, aveva preso l’abitudine di farlo ubriacare così, quando lui andava a dormire, era libera di uscire con altri uomini.
Ma un giorno il marito, insospettito da questa strana attenzione da parte della moglie, finse di ubriacarsi e quando la donna uscì, si chiuse in casa.
Al suo ritorno la donna trovò, così, la porta di casa sbarrata, e, allora, supplicò più volte il marito di farla entrare, ma visti vani tutti i tentativi, decise di minacciarlo: si sarebbe buttata nel pozzo così la gente avrebbe creduto che era stato lui a farlo mentre era ubriaco, e direttasi, senza indugi, verso il pozzo, vi buttò una grossa pietra che provocò un grande tonfo.
Il marito, allora, credendo che si fosse davvero buttata, uscì di corsa per salvarla, e la furba moglie colse l’occasione per entrare in casa chiudendovisi dentro e lasciandolo fuori.
Fu così che il marito, per rientrare in casa, dovette riconciliarsi con la moglie, promettendo che non sarebbe stato più geloso.
O jornu non 'nni vogghiu, e a sira spaddu l'ogghiu...
Di giorno non ne voglio, e la sera consumo l'olio...
Ogni ficateddu di musca è sustanza.
Ogni fegatino di mosca è sostanza.
Ora a chistu ti lu sciroppi tu.
Ora a questo te lo accolli tu.
Orva di l'occhi.
Senza il dono della vista.
Espressione usata nei giuramenti che sta per: "chi io possa accecare se non dico il vero".
Pari ca mi desi 'na pinna di ficutu.
Sembra che mi abbia dato un lobo di fegato.
Pari 'narancinu che peri.
Sembra un arancino con i piedi.
Pari n'arma e priatoriu.
Sembra un'anima di purgatoriu.
Pari 'mpileri.
Sembra un pilastro.
Espressione tipicamente catanese per indicare un uomo alto, forte e di sana e robusta costituzione. Prende origine da “Lu Pileri” che era un tronco d’albero squadrato che era stato piantato al centro della Loggia del Palazzo del Senato catanese nel settecento, per punire pubblicamente chi avesse commesso un reato: il reo veniva legato all’albero (chiamato Lu Pileri) e percosso con una cinghia di cuoio tante volte secondo quanto stabilito dall’ordinanza del Patrizio (carica che oggi corrisponde al Sindaco).
Parra me soggira e senti mè nora.
Parla mia suocera e sente mia nuora.
Pari u diavulu darreri l'artaru.
Sembra il diavolo dietro l'altare.
Parunu a paredda spunnata e l'oghiu abbruciatu.
Sembrano la padella bucata e l'olio bruciato.
Pari u ritrattu da saluti.
Sembri il ritratto della salute.
Purtari chiummu.
Portare piombo.
Si dice per indicare una persona o cosa che porta sfortuna.
Persi u sceccu cu tutt'i carrubbi.
Ho perso l'asino con tutte le carrube.
Pigghia avanti ca spunti prima.
Cammina avanti che arrivi prima.
Pigghiau a strada d'acitu.
Ha preso la strada dell'aceto.
Pirchi dui non fanu tri.
Perchè due non fanno tre.
Ppi tia squagghia a cira.
Per te si scioglie la cera.
Ristamu cù culu 'nterra.
Siamo rimasti col culo per terra.
'Sa benerica.
Vostra Eccellenza mi benedica.
Questo termine è una contrazione del saluto "Vossia benerica" che a sua volta lo è del più completo "Vossignoria benerica" a cui si risponde
"Diu t'abbenerica" (Dio ti benedica). Molto usati in questa forma di saluto sono anche: “Sabbinirica”, “Vossia binerica”, “Vo’scenza benerica”.
Un altro modo di salutare è: "Baciamu li mani a tutti, e' longhi e i cutti" (Baciamo le mani a tutti, alle persone alte e a quelle basse) oppure, se tra
amici, "Salutamu cumpari" (Salutiamo compari).
S'abballa senza sonu.
Si balla senza suono.
Sarva 'a pezza pi quannu veni u purtusu.
Conserva un pezzo di stoffa per quando trovi il buco.
S'arridduciu 'n pagghiazzu.
S'è ridotto uno straccio.
S'aggiuccau.
Si è appollaiato.
Sauta 'a iatta..?
Salta la gatta..?
Scinni di puppa e acchiana di prua.
Scende di poppa e sale di prua.
Riferito a persona che sa abilmente destreggiarsi e cade sempre in piedi. Come dire: esce dalla porta e entra dalla finestra.
Sculicenzia....
Chiedo umilmente scusa..
Sedere alla turca.
Si dice quando ci si siede sui talloni.
Semu cumminati a tri tubi.
Siamo combinati a tre tubi.
Semu persi.
Siamo perduti.
Se ti pigghiu ti fazzu comu a sausa.
Se ti prendo ti faccio come la "sausa".
Se ti pigghiu ti pistu comu a racina.
Se ti prendo ti pesto come l'uva.
Si comu 'a furchetta 'nto brodu.
Sei come la forchetta nel brodo.
Si ficiru 'i ficu.
Si sono fatti i fichi.
Si mangiaru 'na cona.
Hanno mangiato molto..
Si mangiau l'anchi e i patanchi.
Hanno mangiato le anche e le patanche.
Si pigghiau u itu cu tutta a manu.
Si è preso il dito con tutta la mano.
Si sucàvu 'a cucuzza.
Si è bevuto la zucca.
Si misi l'acqua intra.
Si è messo l'acqua dentro.
Si chiù lisciu di 'ncoddu di buttigghiuni.
Sei più liscio di un collo di bottiglione.
Si vistivu di calia 'nfurnata.
Si è vestito di ceci abbrustoliti.
Si voli spartiri macari a cinniri 'ddo fucularu.
Si vuole dividere anche la cenere del fornello.
Spara a cu visti e 'nserta a cu nun visti.
Spara a chi ha visto e colpisce a chi non ha visto.
Spogghi'a Cristu e vesti a Maria.
Spoglia a Cristo e veste a Maria.
Stari ccu du peri 'nta 'na scarpa.
Stare con due piedi in una scarpa.
Stamu facennu u giru 'ddo palancuni.
Stiamo facendo il giro della palanca.
Sta cugghennu l'ogghiu supira u maccu.
Sta raccogliendo l'olio sopra il macco
Tutt'è bbonu e binirittu.
Tutto è buono e benedetto.
Detto come formula augurale.