La Ducea inglese di Sicilia

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Significato delle carte siciliane
Le carte siciliane discendono dai tarocchi e, pertanto, ad ognuna di esse l’esoterismo attribuisce un particolare significato e interpretazioni diverse. Di seguito riportiamo solo alcune delle attribuzioni più conosciute.
Pubblicato da - 16/3/2023
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Pubblicato da - 23/6/2021
La Ducea inglese di Sicilia
L'Abbazia di Santa Maria di Maniace (chiamata anche Ducea di Nelson, Castello di Nelson e Ducea di Maniace) si trova al confine fra i comuni di Bronte e Maniace, in provincia di Catania. Fu fondata dalla regina Margherita di Navarra nel XII° secolo. Verrà donata insieme al feudo nel 1799 da Ferdinando di Borbone all'ammiraglio
Pubblicato da - 18/3/2021
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La Ducea inglese di Sicilia

Sicilia nel Cuore
18 Marzo 2021
L'Abbazia di Santa Maria di Maniace (chiamata anche Ducea di Nelson, Castello di Nelson e Ducea di Maniace) si trova al confine fra i comuni di Bronte e Maniace, in provincia di Catania.  Fu fondata dalla regina Margherita di Navarra nel XII° secolo. Verrà donata insieme al feudo nel 1799 da Ferdinando di Borbone all'ammiraglio inglese Horatio Nelson. Oggi il complesso è  stato musealizzato.
Nel 1040, con al seguito un esercito composto da bizantini, lombardi e normanni, Maniace avrebbe affrontato in questo luogo truppe musulmane. La storia della fondazione del cenobio Santa  Maria di Maniace è avvolta da un alone di mistero. Molto probabilmente sul luogo esisteva un piccolo borgo fortificato in epoca romana e poi bizantina. Il nome deriva dal generale Giorgio  Maniace che, inviato in Sicilia dall'imperatore Michele IV° nel 1038.
Lo scontro dovette essere tremendo, tanto che il fiume vicino, che da allora fu chiamato appunto Saracena, si colorò di rosso a causa del sangue versato. A vittoria ottenuta per  ringraziare la Madonna, il generale fece costruire un piccolo cenobio e vi donò una icona che, narra una leggenda, sarebbe stata dipinta da San Luca. Secondo altre fonti, Maniace avrebbe  fondato direttamente un borgo, a presidio della trazzera regia. Il cenobio in seguito fu abbandonato, forse a causa del terremoto del 1169, e decadde.
Nel 1173 la regina Margherita, madre di Guglielmo II° detto il Buono, vi fondò un'abbazia benedettina dedicata a Santa Maria ed assegnò a questa un feudo di notevole estensione. Il  francese Guglielmo di Blois fu il primo abate. Della struttura originaria non si ha notizia, probabilmente comprendeva solo la chiesa e qualche vano annesso.
L'importanza dell'abbazia crebbe negli anni, sostenuta anche dalle notevoli ricchezze derivanti dalle rendite agricole. La stessa regina Margherita vi si sarebbe rinchiusa, negli ultimi  anni della sua vita, apportando una notevole dote ed accrescendo ulteriormente le strutture, che secondo alcuni studi sarebbero state maestose. Nel 1373 si parla di fortilicium del  monastero, e nel 1422 turris. Quindi è probabile che la definizione di castello venne adottata dopo questa data.
Successivamente venne gestita, probabilmente in maniera poco accorta, da una serie di abati commendatari fra cui il cardinale Rodrigo Borgia, futuro pontefice Alessandro VI° dal 1471 al  1491.
L'abbazia, insieme al cenobio di San Filippo di Fragalà (in comune di Frazzanò, nella provincia di Messina) venne dato dal pontefice Innocenzo VIII° nel 1491 all'Ospedale dei Poveri di  Palermo.
Nel 1585 ai  Benedettini,  subentrarono i Basiliani ai quali successero, i Frati Eremiti di S.Agostino, e successivamente i Francescani. Nel 1693 il terremoto del Val di Noto arrecò  gravi danni alle strutture e la successiva ricostruzione alterò in parte il fabbricato originario.
Il 3 settembre del 1799 il Re Ferdinando di Borbone donò il complesso di S. Maria di Maniace e concesse il titolo di Duca di Bronte, all'ammiraglio inglese Horatio Nelson a titolo di  ricompensa per l'intervento della marina inglese durante la Rivoluzione Napoletana nella quale l'intervento inglese era stato decisivo per la restaurazione Borbonica: proprio sulla nave  di Nelson era stato recluso e successivamente giustiziato, uno degli strateghi militari della breve esperienza della Repubblica partenopea Francesco Caracciolo.
Da allora in poi il complesso costituito da un'ampia tenuta ed un appartamento nobile confinante con la splendida chiesa, prenderà il nome di Ducea Nelson. Anche se è poco probabile che  Horatio Nelson abbia mai visitato la "sua" ducea, da questo momento in poi tutti gli atti ufficiali firmati dall'ammiraglio inglese riporteranno la postilla "duca di Bronte".
Gli eredi di Nelson, i Nelson Hood, visconti di Bridport gestiranno la proprietà direttamente e più spesso attraverso diversi amministratori fiduciari sino al XX° secolo.
La Ducea, pur disponendo di estesi latifondi dove lavoravano una notevole massa braccianti fu interessata solo marginalmente dai moti siciliani del 1848, dal Governo Rivoluzionario di Ruggero Settimo del 1849, dai Fasci Siciliani e dai Fatti di Bronte del 1860. In particolare durante la rivolta dell'agosto del 1860 nella vicina Bronte (dove gli eredi Nelson-Bridport possedevano un palazzo di rappresentanza), la presenza della Ducea inglese ebbe un ruolo determinante: Garibaldi, inviò a Bronte il suo Nino Bixio per reprimere in maniera esemplare e sommaria la rivolta della popolazione insorta credendo negli ideali garibaldini e in attesa della redistribuzione delle terre, fino a quel momento in mano ai pochi notabili latifondisti filoborbonici, ma anche agli eredi dell'ammiraglio. L'eroe dei due mondi, attraverso Bixio, si rese responsabile della fucilazione di coloro che avevano creduto nei suoi proclami. Una beffa per il popolo, ma un servigio ai notabili locali e soprattutto agli inglesi che militarmente, e ancor più politicamente, avevano permesso il suo sbarco a Marsala. Alla fine del XIX° secolo la casa ducale verrà abitata dal poeta scozzese William Sharp che qui spirerà e sarà sepolto il 14 dicembre 1905.
Sotto il fascismo la ducea fu espropriata agli inglesi e, proprio di fronte all'ingresso principale, fu costruito un gruppo di case assegnate ai braccianti, fu chiamato "borgo Caracciolo"  a ricordo del rivoluzionario napoletano i cui propositi erano stati vanificati proprio da Nelson.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la Ducea fu sede di comando militare tedesco. Con lo sbarco anglo-americano e la fine del conflitto, tornerà agli eredi Nelson-Bridport: l'imponenente  latifondo sarà largamente ridotto per i timori della più volte annunciata (ma blandamente realizzata) riforma agraria degli anni cinquanta. Attraverso acquisti forzati che gli inglesi,  anche con tassi di usura, imposero ai loro braccianti, il territorio di proprietà ducale si ridusse drasticamente.
Venne abbattuto inoltre borgo Caracciolo, ma i ruderi furono lasciati sul luogo quasi a sancire, simbolicamente, che le imprese dei rivoluzionari si concludono in maniera fallimentare.  Venne realizzata una piscina proprio a ridosso del giardino, una area del parco con alberi secolari fu sventrata per realizzare un campo da tennis con fondo bitumato. Secondo alcune  testimonianze i discendenti maschi di Nelson quando di passaggio per la ducea continuarono a praticare lo "ius primae noctis" con le giovani donne locali (questo spiegherebbe la presenza  tra i maniacesi di molte persone bionde e con gli occhi azzurri).
Fondamentalmente i maniacesi furono sfruttati solo come mera forza lavoro e lasciati nel degrado civile e culturale e nell'indigenza dagli inglesi. Sempre alla ricerca di denaro per  sostenere un tenore di vita elevato, gli eredi dell'ammiraglio che vivevano tra l'Inghilterra, Roma e talvolta la Ducea, continuarono con progressive alienazioni, fino ad arrivare alla  svendita di questo pezzo d'Inghilterra in Sicilia.
Nel 1981, pur se in parte svuotato dalle ricchezze e ormai fatiscente, il complesso fu acquisito dal Comune di Bronte per la cifra di un miliardo di lire, attraverso un finanziamento  della Regione Siciliana. Una sorta di ricompensa ottenuta per contraccambiare l'autonomia di Maniace che, da frazione di Bronte, divenne comune autonomo. Se ne andarono da Bronte, dove  vivevano in una sorta di palazzo di città, gli ultimi amministratori per conto degli inglesi. Alcuni dipendenti furono assunti dall'ente locale.
La gestione da parte del Comune di Bronte ha contribuito a continuare lo scempio: i pezzi più importanti degli arredi superstiti furono rubati a più riprese, nonostante la presenza di un  costoso servizio di sorveglianza. Dopo una discutibile ristrutturazione a fini museali avvenuta nel corso degli anni 90 (tra l'altro: è stata rimossa ogni traccia dei ruderi di borgo  Caracciolo, sono state ridipinte diverse stanze con colori inappropriati, le stalle sono diventate una inutile sala congressi etc.) oggi la ducea è visitabile, talvolta con delle guide  turistiche di dubbia competenza.
Degni di nota il portale della chiesa, una Madonna bizantina ivi conservata, quel che resta del giardino interno e la semplice maestosità della croce dedicata "Heroi Immortali Nili"  ovvero ad Orazio Nelson che vantava nella sua carriera di condottiero anche una memorabile vittoria sul Nilo.
Dai brontesi e dai maniaciesi oggi il complesso è chiamato comunemente "il Castello", anche se la sua struttura ha poco o nulla (eccettuate alcune piccole torri sul torrente Saracena) che  richiami l'idea di questo tipo d'edificio.
Saltuariamente si svolgono manifestazioni e convegni. Del grandioso tempio dedicato alla Madonna dalla regina Margherita rimangono le navate, uno splendido portico gotico-normanno e  l'icona bizantina, secondo la leggenda, dipinta da San Luca. Dietro la chiesa, in quelli che furono i magazzini, alcuni scavi hanno riportato alla luce l'abside dell'antica costruzione  normanna. Inoltre si possono osservare due torrette medievali ed un grande parco all'inglese. Dell'antico castello rimane poco, oltre le torrette citate ed una parte della cinta muraria,  in quanto gli ambienti furono riadattati dagli eredi di Nelson a scopi abitativi o a magazzini al servizio dell'agricoltura, ma sono visitabili ed espongono alcuni cimeli d'epoca  appartenuti all'ammiraglio. Nel cortile interno vi è una croce celtica dedicata all'ammiraglio Nelson. Nel parco si trova invece un piccolo cimitero, dove spicca una croce celtica in  pietra nera dell'Etna, che indica la sepoltura del poeta scozzese William Sharp.


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